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GESUALDO, Carlo. - Nacque a Venosa, in Basilicata, l'8 marzo 1566 da Fabrizio e da Geronima Borromeo. Scarse e assai imprecise sono state, fino ad anni recenti, le notizie sulla data e il luogo di nascita del G., terzo principe di Venosa, signore di Conza, Laino e Caggiano e - come già il nonno Luigi e il padre Fabrizio - grande di Spagna. Per lungo tempo è stato indicato il 1560 o 1561...Read More...

Carlo Gesulado

Madrigali libro secondo, a cinque voci (Ferrara 1594)

1. Caro amoroso neo (Torquato Tasso, Rime amorose)
2. Hai rotto, e sciolto, e spento a poco a poco (Incerto)
3. Se per lieve ferita (Incerto)
4. In più leggiadro velo (Incerto)
5. Se così dolce è il duolo (Torquato Tasso, Rime amorose)
6. Se taccio, il duol s’avanza (Torquato Tasso, Rime amorose - Rime per Laura Peperara)
7. O come è gran martire (Giovanni Battista Guarini)
8. Sento che nel partire (Incerto - Parafrasi di Alfonso d’Avalos)
9. Non è questa la mano (Torquato Tasso)
10. Candida man, qual neve, a gl’occhi offerse (Incerto)
11. Dalle odorate spoglie (Incerto)
12. Non mai, non cangerò. Incerto
13All’apparir di quelle luci ardenti (Incerto)
14. Non mi toglia il ben mio (Incerto)

 

Caro amoroso neo,
Ch’illustri un sì bel volto
Col negro tuo fra ’l suo candor avvolto
Se per te stesso sei
Tu pur macchia, e difetto,
Con qual arte perfetto
Poi rend’il colmo de le gratie in lei?
Ma se tale ha costei
In sua beltà le mende
Quai poi saran’i fregi, ond’ella splende? 

Hai rotto, e sciolto, e spento a poco a poco
Lo stral’, il laccio, e ’l foco
Che punse, e che legò, ch’arse il mio core.
O me beato, Amore,
C’hor sento, e senza pena,
Altro dardo, altra fiamma, altra catena. 

Se per lieve ferita
Onde te stessa offendi
Così dogliosa, o bella man, ti rendi,
Mentre tue bianche nevi
Rare inostrano, e brevi
Di liquidi rubin purpuree stille.
Che sentir deve il petto mio che langue,
Versand’ognor da mille piaghe e mille,
Per le vene del cor, fiumi di sangue?
Ahi, ch’a maggior dolore
Convien pietà maggiore! 

In più leggiadro velo
Che non fra nube il cielo
Madonna il suo bel viso discoperse,
Onde un raggio discese
Che gl’occhi e ’l cor m’accese.
Amor, deh, ch’in quel punto
Non so se il cor fu pria de gl’occhi punto. 

Se così dolce è il duolo,
Deh, qual dolcezza aspetto
D’immaginato mio nuovo diletto.
Ma s’avverrà ch’io moia
Di piacer e di gioia,
Non ritardi la morte
Sì lieto fine, e sì felice sorte. 

Se taccio, il duol s’avanza,
Se parlo, accresco l’ira
Donna bella, e crudel, che mi martira.
Ma pur prendo speranza,
Che l’humiltà vi pieghi,
Ché nel silentio ancor son voci e prieghi. 

O come è gran martire
A celar suo desire
Quando con pura fede
S’ama chi non se ’l crede.
O mio soave ardore,
O dolce mio desio,
S’ogn’un ama il suo core,
E voi sete il cor mio,
All’hor fia che non v’ami,
Che viver più non brami. 

Sento che nel partire
Il cor giunge al morire,
Ond’io, misero ogn’hor, ogni momento
Grido: “morir mi sento!”
Non sperando di far a voi ritorno.
E così dico mille volte il giorno:
“Partir io non vorrei”
Se col partir accresco i dolor miei. 

Non è questa la mano,
Che tante, e sì mortali
Avventò nel mio cor fiammelle, e strali?
Ecco, che pur si trova
Nelle mie man ristretta,
Né forza, od arte per fuggir le giova.
Né tien face, o saetta
Che da me la difenda.
Giusto è ben ch’io ne prenda,
Amor, qualche vendetta,
E, se piaghe mi diè, baci le renda. 

Candida man, qual neve, a gl’occhi offerse
La mia cara Angioletta,
Per far strana vendetta
De l’acceso mio core
Che, ingannato al candore,
Sperando di temprar sue fiamme, forse,
Precipitoso corse.
O me misero, Amore,
Che nella neve sento ardor maggiore! 

Dalle odorate spoglie
Sciogliete homai la mano
Che ’l mio voler, e disvoler mi toglie.
E quell’arpa felice,
A cui non si disdice
Stringersi col bel petto,
D’Amor fido ricetto,
Togliete, e con l’usata leggiadria
Fateci udir, cara la vita mia. 

Non mai, non cangerò
Stato, voglia, o pensiero,
Ché la cruda nemica del mio core
Con dolcissimo impero
Volge de la mia vita i giorni e l’hore
E tempra i miei desiri
Hor con speme, hor con gioia, hor con martiri. 

All’apparir di quelle luci ardenti,
Il duol che sì m’annoia
Subito sparve e convertissi in gioia.
Amor, ferisci pur, ardi e saetta,
Se un così picciol ben tanto diletta. 

Non mi toglia il ben mio
Chi non arde d’amor, come facc’io.
Se non è ingiusto Amore,
Io sol havrò de la mia donna il core.
Dunque lasci il ben mio
Chi non arde d’amor come facc’io.